Un blog sul cinema. E tutto il resto

martedì 29 settembre 2009

[libri] Nefandezze, umanità e amore visti dalla Rambla: Francisco Gonzalez Ledesma


C’è una Barcellona che appartiene al passato e forse non è mai realmente esistita (o forse è l’unica vera) e che esce prepotentemente dalle pagine di un libro: “Storia di un dio da marciapiede” di Francisco Gonzalez Ledesma. La sua città inizia e finisce in pochi quartieri, la sua vita si snoda attorno alla Rambla ma soprattutto nel Barrio Chino, nei suoi locali, nel puzzo dei vicoli e nei suoi vini di pessima qualità. È la città-microcosmo del protagonista, l’ispettore di polizia Mendez, che pensa di non riuscire a sopravvivere fuori da quel quartiere e che invece - per seguire un caso terribile di morte dove c’è di mezzo una bambina - si troverà prima a Madrid e poi addirittura in Egitto. Ma scoprirà che anche laggiù, nella mitica terra dei faraoni, la gente in fondo è la stessa: sporca, crudele, vigliacca. Così sono i personaggi che si incontrano in queste pagine, siano essi killer spietati, separatisti dell’Eta, alti funzionari o ricchi borghesi.
In fondo, scopre Mendez, nessun posto è tanto diverso da quello popolato di disgraziati, delinquenti e prostitute nel quale lui vive e del quale si nutre e dove però i suoi occhi smaliziati e poco inclini allo stupore riescono ancora a commuoversi per lo sguardo di una bambina innocente: l’unica poesia possibile in questo mondo e l’unico motivo per cui valga la pena vivere.
Il libro è un perfetto noir nell’architettura e nei meccanismi (ci sono tutti i crismi, dal commissario che agisce al limite del legale alla suspense), ma Ledesma fa del genere soprattutto uno strumento per parlare della cosa che davvero gli interessa e vuole mostrarci: l’umanità e le sue (troppo spesso squallide) sfaccettature.

lunedì 21 settembre 2009

[cinema] Drag me to hell, senza ritorno… Raimi, il padre di tutti gli horror


I vermi vomitati, la vecchia mostruosa, il cimitero, le sedute spiritiche, la biondina campagnola, il soprannaturale e soprattutto lo humour nero: è un vero manuale dell’horror “come Dio comanda” l’ultimo film di Sam Raimi.
Gli ingredienti ci sono tutti, quegli elementi che fin dagli anni ’70 fanno di un horror ciò che è, un piatto gustoso, di quelli che si va sul sicuro (come una bella lasagna) ma che cucinato da uno chef ha tutto un altro sapore. Raimi rispolvera con divertimento (e si vede) gli stilemi classici del genere ma lo fa con rara ironia e con capacità tempistiche e registiche uniche. Il gioco funziona e diverte, soprattutto nella prima parte della pellicola quando l’orrore è chiamato in causa ma non si rivela completamente; e nei tocchi da maestro, come la scelta di una protagonista ex campagnola e ora bancaria in cerca di una promozione a vice direttore, che incarna il rampantismo spietato e che il regista si diverte a punire esemplarmente.
Il finale – prevedibile ma forse non troppo – provoca un piccolo sussulto nello spettatore ma strappa anche un sorriso. Luciferino.