Tempi
brutti, di paure vere e diffuse.Paura
catartica invece quella che ci fa provare il cinema, da sempre. Anzi, sono i
thriller e gli horror le pellicole che più ci fanno sentire “dentro” al cinema,
che all'esperienza estetica/visiva aggiungono quella più fisica ed emozionale. Vista la stagione pienamente estiva, vorrei segnalare uno dei film dell’ultima
stagione cinematografica da recuperare nelle arene sotto le stelle, 10
Cloverfield Lane.
I fondamentali
del genere ci sono tutti: un incidente che conduce da uno stato di quotidiana
normalità a un ambiente altro e sconosciuto, un bunker dal quale sembra
impossibile uscire, degli sconosciuti, un luogo ostile. Che qui sono
perfettamente mescolati e manipolati.
Sin dai
primi minuti, il film instaura uno scambio perfetto con lo spettatore con il
quale riesce (nella realizzazione di una delle maggiori ambizioni
cinematografiche) a mettere in campo una partecipazione continua che sarà alimentata
per tutto il film dalle domande di chi guarda: è vero? È falso? Quale è e come
distinguere la realtà?
Domande che lo spettatore si pone anche nella (e fino alla) ultima scena, in
una continua tensione che si fa carburante per la scrittura dell’opera prima di
Dan Trachtenberg.
In questa
pellicola c’è il cinema basico, fatto di espedienti estetici, visivi e sonori
che tirano fuori la reazione dello spettatore e che ben sveglio sulla poltrona
vive empaticamente le sorti della protagonista. Gli
elementi base, le spiegazioni ogni volta sconfessate e le derive citazioniste, accompagnano
il pubblico fino all'uscita dalla sala, quando tutti inevitabilmente si chiedono “e quindi?”. Effetto cinema.