Michael Winterbottom è uno di quei registi che metterei nella categoria (che brutta espressione! sorry…) dei “potenziali autori”; nel senso che nel corso degli anni ha dimostrato più volte di saper tirare fuori dei buoni lavori ma che spesso non erano così buoni da farlo entrare nel novero dei registi a cinque stelle.
Anche per questo ultimo lavoro “The killer inside me” potremmo dire che c’è del buono ma la parte migliore non è stata sviluppata.
Il buono è nel personaggio principale e nella sua violenza che si scaglia, in modo che definirei tremendamente tranquillo, non su di un nemico o in risposta a una minaccia ma sulle persone che lo amano e che lui molto probabilmente ama (per lo più donne e amanti), nel fatto che il suo è un tendere alla morte attraverso l’uccisione degli altri e nel fatto che rende disgustoso il suo essere un tutore della legge e al contempo il primo ad infrangerla nel più turpe dei modi.
Però poi i nodi fondamentali della pellicole e della sceneggiatura vengono al pettine e lì restano perché non ci viene in nessun modo raccontato – ma meramente mostrato per associazione – come la madre masochista, il padre violento eccetera eccetera arrivino a creare la sua personalità tanto mostruosa quanto apparentemente banale, di uomo comune e mediocre…
Sarebbe stato interessante che il film prendesse una qualche piega nei momenti cruciali e li risolvesse; perché la violenza esce fuori e colpisce allo stomaco ma manca il resto.
Provaci ancora Mr Winterbottom…