Diciamolo
subito: anche stavolta David Cronenberg ci regala un film notevole. In
Cosmopolis c’è ancora la sua ormai nota “poetica della nuova carne”, del corpo
che anela a diventare macchina ma che spesso ne viene sopraffatto. Il corpo (quello
reale, quello scarnificato e quello narrativo) anche questa volta è centrale,
in una pellicola dove la carne ha a che fare con il Potere assoluto.
Il
giovane ma potentissimo protagonista di Cosmopolis incarna il più che mai contemporaneo
potere della finanza, quello che decide e governa i destini del mondo; ha un
rapporto ossessivo con il suo corpo (che sottopone a quotidiane visite mediche)
e che tiene chiuso in una lunghissima Limousine. Talmente lunga che dentro contiene
un mondo: il cosmo del Potere appunto. Lì dentro, in una sospensione spazio
temporale che è la parabola stessa del Potere (sideralmente lontano dai comuni
mortali), il giovane è circondato da schermi e display i cui diagrammi a noi
incomprensibili decidono i destini del mondo. Il sesso non-erotico che pratica
di volta in volta (con molte donne, tranne che con la legittima moglie) è teorico
come le parole che riempiono quell’auto, una vuota logorrea che non è altro che
il cascame della vita vera.
Il
personaggio di Juliette Binoche porta lì dentro la sua carica erotica, l’assistente
che interrompe il suo jogging porta lì sudore vero: ma nessuna riesce a
scalfire in alcun modo quel luogo e quello spazio.
Il Potere
è troppo lontano dalla vita reale che comprende (e ne è generata) anche la carne,
che scorre fuori dai finestrini, la città dove la gente vive la sua vita
protestando e manifestando invano contro l’uomo simbolo che lo incarna. Interno
ed esterno sono due spazi separati che possono solo sfiorarsi, due dimensioni
temporali diverse che non potranno mai comunicare.
E questa
impossibilità – che si esplicita da quando Eric elimina la propria scorta e
scende finalmente in strada – raggiunge l’apice alla fine del film, quando
incontra il suo attentatore con il quale parla senza comunicare, nemmeno quando
si ferisce la mano provando dolore fisico che dovrebbe avvicinarlo a quell’uomo
ma che in realtà non porta a nulla. Il Grande Potere dell’economia non si
ferisce né potrebbe morire con la morte di un solo uomo.
Sarà
per questo che alla fine i due – simbolo entrambi di un mondo a sé – sembrano
impossibilitati persino ad eliminarsi a vicenda.
2 commenti:
Ciao complimenti per il blog. Siamo una community che seleziona i migliori cortometraggi della rete. Se vi va date un occhiata!
Questo film ancora non l'ho visto.. ma vi aveva molto incuriosito. Se ti va passa da me http://backstage295.blogspot.it/
anche io ho una profoooonda passione per il cinema :)
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