
martedì 5 giugno 2012
[cinema] Cosmopolis: Cronenberg e il corpo del Potere

martedì 24 aprile 2012
[cinema] The city is your playground. Parigi firmata Rivette
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E a noi, che sogniamo di vedere un film che sappia raccontare un decimo di questo una qualunque città.
domenica 8 aprile 2012
[danza] Vasco cade (d)alla Scala. L’Altra Metà del Cielo

In Tv hanno trasmesso l’Altra Metà del Cielo, l’attesa e pubblicizzata operazione che metteva insieme la musica di Vasco Rossi (in particolare i suoi brani storici dedicati alle donne) e il balletto con la coreografia dell’americana Martha Clarke (al teatro della Scala in replica fino al 13). Sei minuti di applausi e grande successo. Per cosa? Non saprei davvero rispondere, almeno in base a quello che ho visto in TV (premessa doverosa perché magari dal vivo – e lo spero fortemente – sarà stata tutta un’altra cosa).
Da Brava Giulia, passando per Gabri fino a Sally ho visto succedersi uno via l’altro dei quadri didascalici, la trasposizione “letterale” del testo in danza: così Sally cammina davvero per la strada sicura senza pensare a niente, Gabri adesso si spoglia e Giulia cerca un complice così tutto è già più semplice… insomma Vasco dice (in voce) e la coreografa mette in scena (in danza). Ma la danza non è questo, è il contrario di questo spettacolo (fiction? Mezzo musical?). La danza è astrazione e leggerezza, è il corpo che si libra per esprimere concetti, sensazioni, stati d’animo, senza bisogno di recitare con altro.
E la “traduzione” dei pezzi di Vasco – che hanno fatto parte della mia adolescenza e di quella di tanti altri – tradisce anche le sue parole. I testi di Vasco sono – con tutti i loro limiti – semplici, diretti e immediati: poche parole che però sono state in grado di suscitare delle immagini indelebili in ciascuno di noi, immagini che sono magari ben altre (quelle che solo immaginazione e suggestione possono creare) e lontane da quei due che si baciano o si spintonano sul palco perché qualcuno ha voluto restituirci Vasco in danza… col traduttore di Google.
giovedì 8 marzo 2012
[cinema] Soderbergh e la geometria del genere

Haywire (che in italiano è diventato Knockout e che ovviamente ha pure preso il sottotitolo esplicativo Resa dei Conti… maledetti traduttori di titoli, che possano i vostri computer prendere un virus letale ogni qualvolta provate a salvare quelle vostre improbabili trasposizioni!) è l’ultima pellicola del tosto Steven Soderbergh. Il poliedrico regista (che è oppure produttore, attore e montatore) lo seguiamo volentieri dai tempi di Sesso, Bugie e Videotape, passando per Traffic – film dove si lavora molto e con efficacia sul piano dell’audio – fino ai divertenti vari Ocean’s.
In questo ultimo lavoro il nostro tratta del genere Azione: lo filma, lo interpreta, lo mette in scena cercando in più punti di scardinarlo, non tanto con “rovesciamenti” dell’action movie come molti altri farebbero, quanto con scelte stilistiche che definirei d’autore.
La geometria delle inquadrature e delle scelte di campo non insiste sui colpi (e di botte se ne menano) né sui primi piani, ma è così studiata e architettata da risultare naturale e far si che scene al limite del credibile risultino assai accettabili. Senza sforzo e senza virtuosismi, ma con una tecnica di chi sa il fatto suo e può permettersi di prendere in mano un genere, una sceneggiatura che si dipana su diversi piani e rompe la linearità (di genere appunto) e tirarne fuori il (proprio) film: godibile e intrigante, come sempre Soderbergh... con il suo cast all stars.
giovedì 1 marzo 2012
[tempo&musica&lucio] Ciao Lucio, la tua musica ha scandito la mia vita e tu non lo sai. Forse
Qualche ora fa è mancato Lucio Dalla. Nonostante la sua musica – che conosco dalla mia fanciullezza – non sia quella che ascolto tutti i giorni sul mio ipod, credo che abbia segnato momenti della mia vita più di qualsiasi altra.
L’ho conosciuta da bambina, quando mio zio scomparso prima dei 40 me la fece conoscere (in vinile e cassette). Imparai a conoscere i suoi classici e gli Lp di allora (parliamo dei primi ’80). Poi al liceo “Se io fossi un angelo” era diventata una sorta di colonna sonora mia e di una mia compagna di scuola e “Don’t touch me” la sigla di un programma che conducevo alla radio.
E poi il brano preferito di mia madre era “Caruso” cantata da Lucio; si commuoveva quando l’ascoltava… e ora piango io ascoltandola. Una volta mentre eravamo insieme a Bologna lo incontrammo mentre tutti e tre guardavamo una vetrina di un negozio non ricordo più di cosa.
L’ultima volta che ho visto Lucio in concerto era il 2008; il giorno prima ci ho parlato, aveva lo sguardo vivo e un interesse ad ascoltare gli altri che colpiva.
In questa giornata penso ai suoi pezzi e a momenti della mia vita. Ma – senza un motivo particolare – soprattutto mi vengono in mente “Liberi” e “Disperato erotico stomp”.
E naturalmente Eleonora Giorgi che in “Borotalco” grida “Luciooooooo”.
Grazie Lucio.
martedì 17 gennaio 2012
[cinema] Tinker Tailor Soldier Spy: La Talpa e gli Anni ‘70

E possono farlo in modo sublime. Ce lo dimostra in questa sua opera seconda* il regista Tomas Alfredson che ha scelto un classico di Le Carrè per raccontare gli Anni ’70 e al contempo i meccanismi che muovono l’essere umano.
La storia si dipana mentre la mdp sale e scende insieme al montacarichi degli uffici dell’Intelligence britannica che per anni ha portato su e giù scartoffie, documenti, segreti, diventando testimone di grandi intrighi internazionali.
Un continuo movimento verticale, basso-alto (e viceversa), che disegna gli ambienti, i rapporti, le gerarchie e che ogni qualvolta ci si sposta all’esterno si fa orizzontale, grazie a sguardi che si incrociano, seguono e sfuggono. Movimenti e soluzioni che portano alla mente (e non è certo un caso) “La conversazione” di Coppola e che come quel capolavoro – tra una montatura di occhiali e una giacca di pelle – ci lasciano il desiderio di conoscere di più e oltre. Dei risvolti della storia raccontata, ma anche della guerra fredda e di quegli anni. Che svaniscono però con i titoli di coda e le luci in sala.
This meeting never took place, do you understand?
mercoledì 4 gennaio 2012
[cinema] Elementare Watson: Sherlock Holmes in salsa Matrix

All’inizio, proprio nelle prime scene del film, c’è un’immagine che riprende Magritte, con tanto di uomo con cappello a bombetta e mela.
Poi “Sherlock Holmes” la pellicola diretta (e orchestrata) da Guy Ritchie prende una strada tutta sua.
Inconsistente a livello narrativo (e ce lo aspettavamo), a livello estetico è un puro divertissement, la voglia di un regista di mettere su schermo scene che probabilmente aveva in mente (e aveva già visto da tempo). Ecco che così – pur nell’ineccepibile confezione – escono fuori due ore di giochi, effetti, salti e scontri alla Matrix, senza avere l’originalità e la forza di questo film che ha segnato un’era e ha fatto scuola, nel bene (
E Sherlock Holmes? Beh, nemmeno l’ombra. Sir Arthur Conan Doyle non è neanche evocato… dovrà aspettare un’altra pellicola. Questa poteva pure chiamarsi “Mario Rossi” e nessuno lo avrebbe notato.