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martedì 21 ottobre 2008

[cinema] Belli sempre. Bunuel, De Oliveira e la vita fuori tempo.


Se avete mal di denti (meglio, di mandibola), mal di testa e vi sentite a pezzi probabilmente vi siete beccati pure voi il virus. A me fa compagnia da cinque giorni e spero mi lasci presto... Il lato positivo dell’influenza - a volerlo trovare - sta nel fatto che tra un mal di testa e l’altro si riesce a leggere e a vedere un po’ di film.
Per esempio io sono riuscita a vedermi “Belle Toujours” (ahimè l’avevo perso nel 2006), l’omaggio del portoghese Manoel De Oliveira al grande Bunuel.
Un film incredibile. Naturalmente.
Ancora una volta credo di aver capito che il grande cinema e i grandi cineasti si vedono certamente da molte cose, ma soprattutto da come lavorano con le categorie di spazio e tempo (beh si Aristotele...).
Il film riprende la storia dei protagonisti di “Belle de jour” circa quarant’anni più tardi, in una Parigi quasi irreale come irreale è l’inizio del film che prende avvio in un teatro, luogo deputato all’assurdo per eccellenza, dove tutto può avverarsi, anche un incontro così imprevisto.
Sin dall’inizio il tempo e lo spazio sono delineati dai suoni e dai rumori (ma anche dalle pause e dai lungi silenzi): il concerto iniziale che sostituisce la banalità di una trama da raccontare, i suoni della città che coprono un dialogo cercato e temuto ad un tempo, il rumore (quasi una danza) delle posate nel corso di quella cena che dovrebbe essere rivelatrice ma che è solo una beffa, le parole taciute che però continuano ad aleggiare sui due protagonisti, sul loro passato e su ciò che li lega oltre il tempo.
Tutti suoni e silenzi infinitamente piccoli ma assordanti, che sembrano voler dire che l’assurdità della vita e del destino non possono essere spiegate, che ogni parola è inutile, che la vita e il cinema (quell’arte che lega i due maestri, Bunuel e De Oliveira) non hanno soluzione né spiegazione che possa soddisfarci.
In questa pellicola nulla è rivelato (sarebbe inutile e presuntuoso per noi umani pensare di farlo) ma tutto ironicamente trascorre, senza che noi possiamo farci nulla; la verità non è di nostra competenza e forse l’unica risposta possibile sta nel surreale (cifra di Bunuel, qui simboleggiato dal gallo) che ci ricorda la nostra condizione e l’ineluttabilità degli eventi e della direzione che prende la vita di ciascuno.
L’incontro dopo tanti anni, la verità mai svelata, la vendetta inutile, la cena assurda, il cameriere che arriva tardi con le candele; sono tutti segni della vita che è - come quella di questi personaggi - quasi sempre fuori tempo.

1 commento:

Danny Meringa ha detto...

hey, complimenti per il blog! ;)
ma non ci scrivi niente a riguardo del festival di Roma?

segnalo cmq nel caso a te e ai tuoi lettori un link interessante sulla rassegna:

http://www.minispace.com/it_it/projects/cinema-rome-film-festival/?utm_source=pi_s_it

Paolo