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martedì 18 novembre 2008

[cinema] Buio e spaventoso come il matrimonio: Cedric Kahn


Ho visto “Luci nella notte”; ovvero le luci delle auto e delle insegne nella notte della città. Ma soprattutto luci della vita e del suo essere incidentale nella notte della routine piatta e fredda dl matrimonio. O forse è il contrario, chissà.

Nel film algido, inquietante e inquieto di Cedric Kahn c’è tutto l’orrore della routine quotidiana, il fragile equilibrio di un rapporto di coppia che qui è rappresentato con la metafora del viaggio. E del viaggio la vita matrimoniale ha tutti i caratteri: è un viaggio che si fa chiusi in un abitacolo, lungo una strada che pare sempre uguale e monotona ma che nasconde un pericolo ad ogni curva, in un difficile equilibrio tra percorsi dritti e sbandamenti. I dialoghi sono secchi, sospesi, alternano domande retoriche a risposte prevedibili, all’interno di una quotidiana ripetizione che chiude la due parti nella forma: del lavoro, delle vacanze e delle feste comandate, del traffico, delle bugie e delle mezze verità.

A tutto ciò si aggiungono i figli, quasi mai visibili, chiamati in campo dalle parole dei genitori per i quali sembrano spesso rappresentare più che altro un alibi.

Alti e bassi, piccole e grandi tensioni che tutti conoscono e che di fronte alle difficoltà che vengono dall’esterno diventano all’improvviso quasi piacevoli. La coppia e la famiglia come rifugio dai pericoli e dalle minacce esterne: amore che tutto accoglie e protegge o “comodo” scudo contro le minacce?

Il finale apparentemente conciliante e ottimista appare più destabilizzante che mai. Perché la vita a due è un’avventura piatta piena di dossi.

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