Forse – e ribadisco forse – si sta avvicinando un momento di
trasformazione per il cinema italiano. Non parliamo di svolta epocale o
miracolo, ma cambiamento sì. Forse anche chi fa il cinema in Italia è stanco di
produrre film alla stregua di fiction per la TV e che da questa si distinguono
solo per l’assenza di interruzioni pubblicitarie (ma poi quando passano in tv
diventano perfettamente interscambiabili con qualsiasi produzione televisiva su
preti, poliziotti o medici).
Forse si sono accorti che in Italia oggi non esiste il cinema della contemporaneità, cioè quello che parla di noi, della nostra vita adesso (e non sarà un caso se da decenni i premi internazionali ci vengono assegnati solo per film che parlano di altre epoche, da Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore a Mediterraneo di Salvatores a La Vita è Bella di Benigni). Fatto sta che in queste settimane abbiamo visto due film che (forse) cominciano ad aprire la strada nella direzione del benedetto contemporaneo: Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e Veloce Come il Vento di Matteo Rovere.
Il primo è un film di cui si è parlato molto perché è senz’altro una sorpresa, un film con delle idee, fortissimamente legato a Roma e alla romanità (in una mappa ben delineata) e al contempo universale (risultato apprezzabilissimo questo), che percorre una propria strada che solca – coraggiosamente, se confrontato ai film medi italiani – il cammino della fantasia e tenta la via della originalità.
Da par suo, Veloce Come il Vento è un film anch'esso contemporaneo, legato in questo caso alla Romagna e alla sua tradizione di macchine e motori, ma allo stesso tempo un film di genere se vogliamo (non è un difetto, una volta per tutte chiariamo… di genere sono anche Apocalypse Now e The Shining!), un action movie con buona dose di adrenalina; una pellicola dove il regista prova a dirigere gli attori mettendo finalmente a servizio del film anche il loro corpo inteso come materia plastico espressiva. Che ha il merito di farci vedere un nuovo Stefano Accorsi, fuori dalle pubblicità del gelato, dai film con le solite Giovanne Mezzogiorno, un attore trasformato, scarnito, segnato, che partecipa alla scrittura della storia con l’intera persona e che vediamo finalmente recitare; accanto a lui l’ottima Matilda De Angelis che sappiamo essere già in forza alla fiction TV, ma che ci auguriamo di vedere ancora al Cinema (quello italiano del nuovo corso che – vogliamo scommetterci? – è già iniziato).
Forse si sono accorti che in Italia oggi non esiste il cinema della contemporaneità, cioè quello che parla di noi, della nostra vita adesso (e non sarà un caso se da decenni i premi internazionali ci vengono assegnati solo per film che parlano di altre epoche, da Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore a Mediterraneo di Salvatores a La Vita è Bella di Benigni). Fatto sta che in queste settimane abbiamo visto due film che (forse) cominciano ad aprire la strada nella direzione del benedetto contemporaneo: Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e Veloce Come il Vento di Matteo Rovere.
Il primo è un film di cui si è parlato molto perché è senz’altro una sorpresa, un film con delle idee, fortissimamente legato a Roma e alla romanità (in una mappa ben delineata) e al contempo universale (risultato apprezzabilissimo questo), che percorre una propria strada che solca – coraggiosamente, se confrontato ai film medi italiani – il cammino della fantasia e tenta la via della originalità.
Da par suo, Veloce Come il Vento è un film anch'esso contemporaneo, legato in questo caso alla Romagna e alla sua tradizione di macchine e motori, ma allo stesso tempo un film di genere se vogliamo (non è un difetto, una volta per tutte chiariamo… di genere sono anche Apocalypse Now e The Shining!), un action movie con buona dose di adrenalina; una pellicola dove il regista prova a dirigere gli attori mettendo finalmente a servizio del film anche il loro corpo inteso come materia plastico espressiva. Che ha il merito di farci vedere un nuovo Stefano Accorsi, fuori dalle pubblicità del gelato, dai film con le solite Giovanne Mezzogiorno, un attore trasformato, scarnito, segnato, che partecipa alla scrittura della storia con l’intera persona e che vediamo finalmente recitare; accanto a lui l’ottima Matilda De Angelis che sappiamo essere già in forza alla fiction TV, ma che ci auguriamo di vedere ancora al Cinema (quello italiano del nuovo corso che – vogliamo scommetterci? – è già iniziato).
3 commenti:
Condivido il tuo commento e spero tanto che sia veramente l'inizio di un nuovo cinema italiano.
Hope Hope hope
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